Il libro: Introduzione

 

 

L’INIZIO DELLA 2° GUERRA FREDDA,
infernale.

“La prima comparsa di un rudimentale chip paragonabile al nostro…”, cominciò la sua lezione l’educatrice Anix, mentre gli occhi le sfavillavano di innaturali lampi di luci multicolore “…installato in un cervello umano risale al lontano 2023. Tale progetto fu attuato dall’Alleanza Asiatica del Drago Nascente, chiamata dagli occidentali volgarmente con l’acronimo FEAC, subito dopo la schiacciante vittoria sul fronte della Russia nazionalista –quella che noi conosciamo ora come la Terra di nessuno- appartatasi per lungo tempo dal resto del mondo; periodo che coincide con l’inclusione nel sistema Occidentale Consumista del Medio Oriente e del Nord Africa, in seguito alla sconfitta della fazione Islamica armata. A quel tempo la Federazione Occidentale era composta oltre che dal corpo principale del Nord America e Nord Europa, anche dal Sud America, largamente colpito dalla furia dei terroristi, e dal Sud dell’Europa, che caduto nelle mani degli estremisti, fu riconquistato poco prima la fine della guerra e sostenuto economicamente da lì in avanti dalla Federazione Occidentale in qualità di patrimonio storico dell’umanità civile, come amavano definirsi gli Occidentali. Con l’obiettivo di dominare la scena commerciale e politica mondiale, perseguendo un vero e proprio status di schiavitù popolare, i Comunisti asiatici dell’Alleanza attuarono il piano “Dominio del Pensiero”, lobotomizzando per primi i propri cittadini, forti dei successi ottenuti con i primi esperimenti avvenuti sulla popolazione Russa, grazie ai quali riuscirono a conquistare nel tempo gran parte del territorio a nord. Esso consisteva nell’installazione di un chip -rivelatosi poi estremamente dannoso a causa della sua ancora grezza struttura tecnica- che aveva lo scopo di controllare ogni mente del pianeta, fatta eccezione naturalmente per i fautori del progetto. I primi anni furono disastrosi. All’insaputa dei genitori il chip venne installato nel cervello di ogni nascituro in tutta la popolazione della coalizione del FEAC: un’intera generazione divenne incapace di produrre una qualsiasi forma di pensiero proprio. Gli scienziati infatti ritenevano necessario solamente un soddisfacente controllo motorio nel bambino, mentre il chip avrebbe permesso qualsiasi forma di conoscenza (pilotata e fasulla) e di coscienza, spegnendo nelle persone qualsiasi desiderio improprio. Mai errore nella storia dell’uomo fu così grande. Ci vollero 5 anni di sperimentazione perché gli stessi autori del progetto se ne rendessero conto.
“Gli ingranaggi non funzionano”, furono le testuali parole adoperate durante una riunione non proprio ufficiale, da un rappresentante della coalizione asiatica. Per anni gli agenti segreti Occidentali, che avevano registrato con i loro apparecchi di intercettazione ambientale quell’incontro, cercarono di dare un senso a quelle parole, senza trovare un nesso logico chiaramente riferibile. Solo dopo l’accadimento di gravi episodi, che adesso andremo a vedere, si capì che con quella frase lo statista si riferiva allo stato vegetativo a cui erano indotti i bambini dopo qualche anno dall’installazione del rudimentale marchingegno. Durante quella stessa riunione fu deciso di costruire veri e propri campi di concentramento, denominati poi asili del terrore, dove ammassare, studiare e successivamente eliminare, tutti quei giovani corpi inermi, veri e propri ingranaggi fermi, appunto, figli di un popolo in preda ad un raccapricciante incubo concepito da burocrati a caccia del potere assoluto”
“Questo era il male della società Comunista…”, continuò l’educatrice scolastica dopo una breve pausa per sorseggiare la sua bevanda incolore ricca di vitamina b12, ferro e magnesio; questo gli aveva prescritto il suo biochip quella mattina, il suo ciclo mestruale si stava avvicinando e sebbene non le andasse proprio giù di bere quella brodaglia amara, entro la fine della lezione l’avrebbe finita tutta, era suo dovere mantenersi in forma e seguire i suggerimenti alimentari impartiti dal biochip.
“… il voler attuare una politica uguale per tutti, fatta eccezione per i suoi ideatori; uno specchietto per le allodole, una forma subdola di dittatura mascherata dalla propaganda della più alta forma di democrazia: l’uguaglianza. Ma il controllo della popolazione, ottenuta fino a quel giorno attuando uno stato di polizia, venne meno e le famiglie che subirono i soprusi sulla pelle dei propri figli diedero inizio all’insurrezione lampo del 2028-29.
Fu solo allora che gli Stati Occidentali Consumisti, presi dalla riorganizzazione dopo 25 anni di dura guerra al terrorismo, posarono seriamente il loro sguardo su quello che stava avvenendo nel FEAC, senza però trarne esiti positivi. Il mondo era ancora all’oscuro del piano Dominio del Pensiero e lo fu per lungo tempo ancora; si seppe dello sterminio di massa, furono inviate truppe di supporto e agenti in incognito. Si fece di tutto per evitare una guerra, tutti si sarebbero risparmiati ben volentieri un ventennio di guerra fredda, ma il chip cominciò a dare i suoi frutti. Grazie agli innumerevoli esperimenti compiuti negli asili del terrore, gli scienziati del Drago Nascente riuscirono in brevissimo tempo a perfezionare il loro prodotto, adoperandosi, fin dai primi riscontri positivi, all’unzione di tutti i detenuti con l’installazione del nuovo chip. Sedare la rivoluzione a quel punto fu solo questione di pochi mesi. La perfetta macchina dittatoriale si mise in moto, dando sfoggio della propria organizzazione, adoperando sistematicamente sulla popolazione arresti il più delle volte ingiustificati, con conseguente installazione del chip -si pensa addirittura che, a rotazione, tutta la popolazione dell’Alleanza Asiatica subì questo trattamento-, riuscendo lì dove probabilmente sarebbero falliti sistemi di stampo democratico. In seguito la coalizione ricominciò con l’unzione dei nuovi nati, ma avendo l’accortezza di attivare il chip solo dopo i primi anni d’età, cioè quando il cervello avesse già sviluppato un suo solido funzionamento, mirando a domare ogni esigenza che non rientrasse strettamente con la soddisfazione delle necessità primarie…”
“Non vedo alcuna differenza con l’attuale biochip…”, intervenne ad alta voce Rifkir, seduto verso il lato destro della spoglia e luminosa aula congrega della casa famiglia Miarka, atta a contenere poco più di cento persone, ora adibita ad incontro didattico del piccolo gruppo, per un totale di venticinque fra ragazzi e ragazze, prossimi all’esame di attivazione per le piene funzioni del loro biochip. Alla sua sinistra sedeva sbigottito Jarcky che guardò Rifkir sillabandogli con un filo di voce appena percettibile “Stai zitto!”
Il ragazzo rimase impassibile, almeno in apparenza, perché Jarcky aveva notato un segno di leggera inflessione in lui. Guardò fisso l’educatrice che smise istantaneamente di parlare. Le lavagne luminose si spensero e gli occhi dell’educatrice smisero di scintillare, rivelandone il vero colore: un blu acceso. Dopo una breve ma intensa pausa di silenzio, Anix trasse un respiro di stizza.
“Se avesse un po’ di pazienza ci sarei arrivata da sola, Newbe Rifkir; ora se mi vuole far continuare vedrò di scioglierle ogni dubbio”
Erudy Anix, non volevo sollevare alcun dubbio, è solo che non vedo la differenza con il nostro biochip… e poi non abbiamo bisogno di sentire queste vecchie favolette, ci parli invece di chi controlla tutto questo, di chi vuole renderci schiavi per i propri interessi…”, disse e si girò lentamente verso Jarcky, facendogli segno di intervenire per dargli supporto, perché era questo che Rifkir cercava, consensi, ed ora tutta la sua insicurezza si stava manifestando attraverso quell’eccesso di spavalderia gratuita. Jarcky non intervenne, si limitò ad abbassare leggermente la testa portandosi una mano al viso a mo’ di frontalino per gli occhi, in modo da non farsi notare, manifestando così tutte le sue paure e la timidezza ad un confronto aperto; il punto sollevato da Rifkir era un dubbio partorito da Jarcky stesso, ma in quel momento aveva scartato a priori la difesa o il semplice supporto all’amico. Quello non era, secondo Jarcky, il giusto modo di procedere e si pentì del lungo discorso che aveva intrapreso con Rifkir qualche giorno prima, sui dubbi che nutriva verso gli appartenenti ai livelli più alti del loro sistema. Un discorso che aveva lasciato sempre in sospeso, anche se la sua avversione era risaputa da tutti, soprattutto da Rifkir, ed affrontato con lui solo ora forse proprio per la vicinanza dell’esame di attivazione, che si sarebbe svolto da lì a tre mesi, a discrezione dell’educatrice. Lo aveva ascoltato molto seriamente, ma a quanto pare era riuscito solo ad istigarlo a compiere quell’intervento inconsulto, portandolo a rinnegare l’intera società, basata proprio sull’utilizzo del biochip. Non era decisamente il suo obiettivo, dopotutto quello in cui vivevano gli sembrava essere il sistema migliore finora escogitato dall’uomo per garantire la degna sopravvivenza di tutti.
“Favolette?”, rimase interdetta Anix “Noi schiavi di chi?! Ma cosa mi tocca sentire! Si rende conto che tra poco tempo dovrà sostenere l’esame per l’attivazione del suo biochip?”, Anix non sapeva più cosa dire, la domanda scaturita così all’improvviso da Rifkir andava fuori da ogni sua logica.
“Lo ammetta Erudy Anix che c’è una classe… una lobby di potenti…”, si corresse Rifkir “che ci governa, tenendoci rinchiusi qui dentro mentre loro si godono il resto del mondo! Cos’è, ne fa parte anche lei?”, calcò maggiormente la mano Rifkir. Anix scosse più volte la testa a quelle insensate accuse.
“Questo non è il luogo dove sollevare certi argomenti! Ma chi le ha messo in testa certe idiozie?! Prenda appuntamento assieme al suo tutore dalla Direttrice Romika se vuole, lì potrà esporre ogni sua strampalata visione al riguardo e decidere sulla possibilità di astenersi all’esame”.
“Non si scaldi così. Ammetto di aver esagerato…”, ritrattò Rifkir, vedendo che la situazione si stava facendo più seria di quello che avrebbe voluto “ma se ci pensa bene arriverà anche lei alle mie conclusioni, lo ha detto appena adesso, il primo sistema chip prevedeva il controllo della popolazione con un minimo scotto da pagare, il sostentamento dei bisogni strettamente necessari… non è forse la stessa sorte che viene applicata a noi con il biochip?”, cercò di essere più costruttivo possibile, eliminando ogni tono polemico.
“Non creda di essere così sottile Newbe Rifkir”, Anix non lasciò nemmeno che il ragazzo terminasse il proprio intervento, “se lo fosse avrebbe già individuato le differenze che esistono nell’utilizzo della stessa tecnologia fra le due società prese a confronto: nella prima fu utilizzata dai propri ideatori allo scopo di dominare un popolo, e se ci fossero riusciti l’intera umanità; nella nostra quella tecnologia fu perfezionata per favorire la sopravvivenza di tutti, garantendo l’ampia soddisfazione dei bisogni di ogni persona…”, Anix fece una breve pausa, scrutando il volto atterrito di tutti i presenti. Credeva veramente in quello che stava dicendo ed approfittò del momento per cercare di trasmettere le sue idee ai ragazzi, “…includendo anche i meno facoltosi di basso livello; livello a cui andrà inevitabilmente a far parte Newbe Rifkir, se non si deciderà una volta per tutte di cogliere le opportunità che questo sistema gli offre, invece di sbatterci volutamente contro tentando di sfasciarlo! Così sfascerà soltanto se stesso…”
Il tono fu molto duro, a tratti solenne, ma un’ombra di preoccupazione lambiva l’espressione di Anix. La classe si era zittita e le risatine che prima aleggiavano a sottofondo si erano trasformate in volti cupi e pensierosi, vivamente colpiti dalle parole dell’educatrice. Rifkir non ebbe il coraggio di ribattere, se ne stette a capo chino, a controllarsi le mani, rigirandosele, mordendo di tanto in tanto qualche unghia, aspettando che quell’imbarazzante situazione avesse termine con il proseguimento della lezione.
“Dov’ero rimasta…”, riprese Anix massaggiandosi le tempie, poi trasse un lungo ma silenzioso respiro e improvvisamente le lavagne elettroniche riapparvero, rompendo il bianco candido delle pareti interrotte dalle uniche pagine scritte presenti in quella stanza, poiché nessuno aveva libri di sorta fra le mani. Non vi erano finestre nella stanza, ma la temperatura, la luce e l’aria erano più che ottimali. Tre erano le lavagne, ricavate direttamente dal muro: una più grande, situata al centro della parete frontale e due laterali più piccole. Su quella centrale apparivano le informazioni così come Anix le esponeva, restavano impresse poche decine di secondi per poi mutare in un estratto della frase. Quello che veniva estrapolato appariva poi in una delle due lavagne laterali: a sinistra, precedute da una data, si incolonnavano le frasi che contenevano un’informazione puramente storica, a destra quelle che esprimevano un concetto, di qualunque natura esso fosse, con un eventuale richiamo ad un evento storico. L’elenco rimaneva a disposizione della casa-famiglia, consultabile anche da videoterminali esterni all’aula e se muniti delle facoltà e del permesso di privacy al server locale, era possibile consultare le informazioni in esso contenute anche via biochip. Questo i ragazzi non potevano ancora farlo se non attraverso un terminale, ma i loro tutori personali sì, con il compito di approfondire le lezioni, apportando anche le proprie esperienze, andando a colmare eventuali lacune o incomprensioni; senza contare che una volta attivate le funzioni dei loro biochip, i ragazzi avrebbero avuto un punto di riferimento sicuro e familiare a cui rivolgersi in qualsiasi momento nella complessa vastità della rete mondiale.
“All’unzione non furono disdegnati nemmeno gli stranieri, i quali divennero vere e proprie spie del FEAC, una volta rimpatriati nei rispettivi paesi d’origine…”, nell’aula congrega i ragazzi avevano ripreso a bisbigliare tra loro. Anix quella mattina pensò seriamente di interrompere la lezione, ma non lo fece.
Newbe Ashelì! Stavamo parlando delle prime installazioni di un chip, ricorda?”, fulminò Rifkir con un’occhiata di rancore, ritenendolo primo responsabile delle continue interruzioni.
Timidamente la ragazza prese fiato ancora con il busto rivolto alla sua vicina nonché amica Krimal.
“E’ che dovrei prendere il mio preparato proteico, ma devo diluirlo in acqua con un cucchiaio di fruttosio…”, si giustificò Ashelì tornando composta, provocando divertite espressioni fra gli altri presenti. Non in Anix naturalmente, che rassegnata fece uscire la ragazza.
La porta non fece tempo a chiudersi che l’educatrice riprese a parlare “Approfitto di questa pausa per ribadire che non ho nessuna intenzione di subire demeriti professionali per la negligenza di qualcuno di voi. No, non guardate solo il vostro compagno, non mi riferisco solo a lui. Sappiate che al test finale accederà solo chi se lo sarà veramente meritato. La commissione non transige e un qualsiasi vostro insuccesso sarà riportato come mio, perciò, a costo di tenervi qui un altro anno, non vi ammetterò all’esame finché non sarò sicura che passerete l’attivazione…”, la porta della sala si aprì, velocemente Ashelì riprese posto.
“Bene! Un caso fra tutti è divenuto di importanza storica, perché permise all’Occidente Consumista di scoprire il progetto Dominio del Pensiero dei Comunisti Asiatici. Moltissimi uomini occidentali, di diversi paesi d’origine furono inviati sotto copertura come soldati per indagare sugli ormai famosi Asili del terrore, luoghi di sterminio infantile scoperti con l’insurrezione della popolazione nel 2028-29, i quali definirono queste strutture come delle scuole per disabili e orfani. Le autorità Occidentali rimasero in dubbio sulla veridicità dei rapporti, tanto più che risultarono discordanti in molti punti fra loro. Un altro fatto, che non restò a lungo inosservato, fu che molti degli agenti e dei soldati inviati come spie o come forze antisommossa nel territorio dell’Alleanza Asiatica, una volta tornati nei loro paesi, morirono in circostanze piuttosto insolite. Le autorità decisero di tenere sotto controllo il fenomeno, deviando tutti coloro che avevano svolto il compito di monitoraggio nel FEAC, in siti lavorativi ben precisi, con l’ordinanza obbligatoria di un periodo di riposo. Fra questi ricordiamo in particolare dieci uomini, assunti in blocco, dopo due anni di servizio antisommossa, come pompieri nella medesima caserma. Come sapete, a quei tempi i lavori pericolosi erano ancora svolti dagli uomini. La vicenda, trapelata nonostante il governo avesse classificato l’intera operazione come top secret, I destò la curiosità dei mass media locali che dedicarono più di qualche articolo proprio a quei dieci uomini, protagonisti assoluti, da lì a poco, di un evento che decretò un cambiamento epocale in ogni angolo del globo. Ma la stranezza capitò qualche tempo dopo, in un vero e proprio inferno di fiamme, quando, richiamata tutta la squadra per far fronte ad un’emergenza, formata da ventuno uomini fra cui i nostri dieci amici, uno alla volta si dettero alla morte, sparandosi alla tempia senza la minima esitazione. I colleghi, come vedremo tra poco, rimasero sotto choc, e dovettero essere dimessi”
Anix smise di parlare, guardò le luci della stanza che andarono gradatamente a spegnersi, seguite dalle due lavagne laterali. In breve su quella centrale, rimasta accesa, comparve un vecchio filmato storico, preceduto dalla sigla di un telegiornale.
“Ecco, vedete ragazzi, questo era il modo in cui le persone si tenevano informate sugli avvenimenti quotidiani più importanti…”, spiegò quasi bisbigliando Anix.
“Cos’erano quelle scritte?”, intervenne curiosa Krimal, seduta a fianco della sua inseparabile amica, e convivente di stanza, Ashelì, mentre il telegiornale proseguiva con i titoli riassuntivi più importanti di quella giornata appena trascorsa, più di un secolo e mezzo prima.
“Quello era il logo di un telegiornale, Newbe Krimal, un marchio di distinzione che permetteva alle persone di sapere cosa e soprattutto chi si stesse guardando in quel momento…”, Anix fece una breve pausa di riflessione, anticipando con un successivo intervento altre possibili domande “Diciamo che a quel tempo ci si accaparrava ogni cosa e si volevano dei soldi in cambio, l’abbiamo già fatta questa lezione, ricordate? Perciò ognuno contrassegnava la proprietà con un marchio personale ben visibile. Ma la cosa curiosa è che anche le immagini o i suoni, persino alcune parole appartenevano legalmente a qualcuno, nel caso degli Occidentali Consumisti, anche se questi favorivano, con il loro sistema, chi era già un possessore, creando di fatto verso gli ultimi decenni un divario sociale fra ricchi e poveri che ricorda molto da vicino l’epoca medioevale… o di nessuno, nel caso dei Comunisti, con la presunzione di quest’ultimi di far credere che tutto fosse di tutti…”, spiegò divertita Anix, la ventottenne dai morbidi lineamenti mulatti.
“Non vedo alcuna differenza con la nostra attuale società…”, commentò intimorito Rifkir a bassa voce. Jarcky lo guardò pensieroso e visibilmente colpito, non senza attirare l’attenzione di Anix, che questa volta decise di non riprendere Rifkir, limitandosi a scrutarlo attentamente, cogliendo in lui, nelle sue parole, una sottile intelligenza, purtroppo rivolta allo sbando. Anix ripromise a se stessa di approfondire certi argomenti in privato con il ragazzo, ma ancora non sapeva se coinvolgere Jarcky, in evidente stato di sottomissione ideologica.
Nel video la presentatrice del telegiornale aveva già espletato tutti i convenevoli, arrivando finalmente al punto interessato. Anix attese fino all’ultimo, lasciando chiacchierare gli alunni durante quei pochi istanti che li separavano ancora dall’inizio del servizio, per poi attirare con garbo la loro attenzione verso lo schermo. Alzò il volume.
“Ma partiamo subito con la notizia del devastante incendio in una fabbrica chimica costata la vita a ben dieci vigili del fuoco, passo la linea alla mia collega che già da questa notte si trova lì per testimoniare gli avvenimenti di un così grave incidente… ci sei Lilly?”, l’attenzione dei ragazzi si rivolse alla lavagna mentre il telegiornale dava la linea all’inviata per l’intervista.
“Mi trovo qui, nel bel mezzo di quello che fino a questa mattina era un vero e proprio inferno, i pompieri hanno lavorato tutta la notte per riuscire a spegnerlo, e dieci di loro hanno perso la vita, in circostanze davvero strane. E’ l’incidente più grave avvenuto da due anni a questa parte nel settore della chimica, ma ecco… vedo uno dei protagonisti… proviamo a raggiungerlo…”, tutti i ragazzi erano molto interessati, ammutoliti, stregati dalle parole e dalle immagini. Anix mise in pausa il filmato.
Avete notato il sensazionalismo delle parole? Questo era il modo adottato soprattutto dai Consumisti di quel tempo per vendere qualsiasi cosa. Un servizio, come avete sentito, o un prodotto… In questo caso è stato detto: E’ l’incidente più grave avvenuto da due anni a questa parte, ma allora non è il più grave… la giornalista non da’ nessun dato tecnico riscontrabile dell’incidente, vuole solo attirare l’attenzione su di sé… allo stesso modo dei semplici diagrammi statistici venivano spacciati molto spesso come prove scientifiche inconfutabili, dando il più delle volte alla popolazione informazioni volutamente forvianti, quando è risaputo che questi diagrammi presi singolarmente potrebbero significare qualsiasi cosa. Vi do un consiglio: se in un prossimo futuro dovrete pubblicizzare un vostro progetto strutturale, non affidatevi a questa forma di propaganda, è molto odiata, soprattutto fra i progettisti, rischiereste di attirare anche la loro attenzione, vedendovi commercializzato un prodotto nettamente superiore al vostro nel giro di pochi giorni”, fece ripartire il video storico.
La fabbrica semidistrutta ancora fumante appariva lontana, recintata da nastri colorati di fortuna, era presidiata da una gran quantità di persone vestite per lo più in giallo oppure in blu. La ripresa, effettuata dall’alto, permetteva di cogliere maggiori particolari all’interno dell’area colpita dall’incidente, immersa in una meravigliosa foresta di abeti, un paesaggio insolito per chi era vissuto, come loro, in città-grattacielo da tutta una vita. Selvaggio definirono i ragazzi quel paesaggio nei commenti che seguirono la visione, anche se ben diversi erano ora i paesaggi al di fuori delle città-grattacielo e un occhio attento avrebbe notato nel video la deturpazione della natura, frutto della tecnica spietata adottata in quei tempi dall’uomo per sottomettere ogni cosa alle proprie esigenze.
Il vigile del fuoco si avvicinò, esausto, chiamato a grandi gesti dalla giornalista, eccitata fuori misura, quasi esaltata per l’avvenimento, considerato che per tutta la mattina aveva provato ad intervistare qualcuno, senza esiti positivi.
Il vigile si appoggiò ad un grosso masso, senza sedercisi sopra, mentre la giornalista si spostò alla sinistra del video, uscendo dal campo di ripresa se non per il braccio che reggeva il microfono. La fabbrica rimase sulla destra tagliata a metà, mentre dietro a quell’uomo vestito di giallo e ricoperto di cenere, nella strada che scendeva al paese, correvano numerosi e rumorosi veicoli muniti di luci lampeggianti che andavano e venivano a discreta velocità.
“Ecco, vorrei ribadire l’eccezionalità di questo documento, vista l’ordinanza di no comment estesa a tutto il Corpo dei Vigili del Fuoco dopo i misteriosi decessi di questa notte…”, cominciò la giornalista, con la voce intrisa da un tono di orgoglio, avvicinando il microfono al viso dell’uomo che, così conciato, non dimostrava alcuna età.
Questo alzò le spalle sereno, noncurante delle conseguenze che quella testimonianza alla TV avrebbe provocato.
“Voglio solo che tutti sappiano… Dovevamo portare avanti la manichetta dell’autopompa per inondare la base delle fiamme di polvere antincendio…”, cominciò a spiegare l’uomo guardando in basso, fermandosi subito dopo in una lunga pausa per raccogliere i pensieri, rivivendo l’incubo di quella notte non ancora alle spalle.
“Due dei miei compagni hanno cercato di farlo… ma il fuoco era agitato dal vento e… hanno rischiato di finirci in mezzo…”, altra lunga pausa contrassegnata da un velo di incredulità su quello che aveva visto.
“… dopo una fiammata imprevista, dovuta forse all’esplosione di qualche contenitore ancora integro, hanno estratto entrambi una pistola…”, a questo punto alzò lo sguardo verso la telecamera.
“… noi non abbiamo pistole d’ordinanza… perché portavano tutti una pistola?”, si agitò il vigile del fuoco sconcertato e visivamente sotto choc.
“E cosa successe?!”, lo riprese prontamente la giornalista, con sapiente maestria, evitando che il poco tempo a disposizione per lo scoop più grande della sua vita, divenisse lo sconclusionato sfogo di una povera vittima in evidente crisi nevrastenica.
“Si sono sparati alla tempia, entrambi, come se niente fosse… come se l’anima distruttrice del fuoco si fosse appropriata di loro e li avesse puniti per essergli sfuggiti di un soffio”, rabbia mista a paura dipingeva il volto dell’uomo che proseguì nel suo incredibile racconto.
“Poi sono arrivati altri due uomini della squadra, hanno preso la lancia, senza un attimo di esitazione, qualche passo, senza nemmeno guardare gli amici caduti… folata di fiamme e BANG, BANG! Stessa scena, identica, ne sono morti così ben otto, allo stesso modo, tutti con innaturale freddezza!!… Io ero immobilizzato, sconcertato. Gli ultimi due colleghi erano partiti per recuperare la manichetta, almeno quella sembrava la loro intenzione, visto che se avessero voluto ammazzarsi, lo avrebbero potuto fare senza prendersi la briga di avvicinarsi a quell’inferno. Ron e Gradesky camminavano tranquilli, verso gli otto compagni distesi a terra, passeggiando sopra le loro cervella cotte dal calore sparse ovunque nel raggio di quindici metri, senza la minima pietà, senza guardarli o compatirli e rimpiangere la loro morte… fiammata… quando vidi sfrecciare al mio fianco Frank, un collega, che fino a quel momento era rimasto impietrito come me a guardare. Mi urlò qualcosa, ma con la maschera in volto non capii nulla”, a quel punto il vigile scoppiò nervosamente a piangere, farfugliando in preda al ricordo di quei momenti terribili, continuando a raccontare con voce impastata il resto della vicenda “Sicuramente mi ha chiesto di aiutarlo a fermarli. Ma io non mi sono mosso”, piagnucolò per qualche istante, invocando il nome di Dio “Ma non per libera scelta, come vi ho gia detto”, si riprese, sgranando gli occhi, acquisendo una lucidità fuori dal comune, come se un’entità estranea lo avesse posseduto “Fiammata, una bella fiammata…Dio quanto adoro il fuoco! Ron, qualche metro più avanti ne venne quasi investito, ebbe un fremito, si fermò… Gradesky lo raggiunse con calma, a terra il sesto degli otto compagni, Frank si catapultò su Ron che aveva già estratto la pistola dalla tasca… poi un’altra. La fiammata questa volta investì anche Gradesky che, come Ron un attimo prima, e come tutti i suoi più cari amici, ebbe un fremito, una scossa quasi… direi… fece per estrarre la pistola dalla tasca, ma non ebbe il tempo di fare niente, perché dalla colluttazione fra Frank e Ron partì un colpo che raggiunse Gradesky in pieno sterno, il quale cadde a terra inerme, lasciando la pistola. Cosa che non successe a Ron. Frank, il mio compagno, fece di tutto per disarmare e rendere inoffensivo Ron, ma questo sembrava possedere la forza di dieci uomini, ad un certo punto prese Frank, che gli si era gettato addosso nel disperato tentativo di placcarlo, e lo scaraventò a terra. Ora lo ammazza, pensai, ed è quello che pensò anche Frank, potete crederci, lì seduto a terra incredulo e timoroso al cospetto di Ron visibilmente stizzito che inspiegabilmente si limitò a scuotersi la giacca ignifuga, guardando negli occhi per un’ultima volta Frank, poi alzò la mano armata verso se stesso e si sparò alla tempia”
Finì così l’intervista di Merno, lasciando ammutoliti sia i ragazzi nella sala che la giornalista che lo aveva intervistato centosessant’anni prima.
“Tutti nel medesimo punto”, riprese Anix mentre le luci della sala crescevano gradatamente d’intensità e le lavagne laterali si accendevano nuovamente evidenziando a sinistra nuovi punti riassuntivi a cui potersi riferire in seguito, mentre a destra spiccava un unico concetto ben evidenziato: la maggioranza dei conflitti hanno inizio da un singolo episodio, ma tramutano in una guerra solamente se trovano un contesto sociale/politico idoneo, che racchiuda già in sé il concetto o il malessere che esso va a rappresentare.
“Tutti alla tempia destra, proprio dove erano installati i loro chip, tranne che per Gradesky, colpito mortalmente allo sterno. “Grazie Gradesky” titolarono i giornali di mezzo mondo qualche mese dopo, perché fu solo grazie alla sua morte che i governi Occidentali scoprirono il progetto Dominio del Pensiero degli Asiatici Comunisti. Era sufficiente che la persona percepisse un segnale di estremo pericolo perché il chip prendesse il sopravvento ordinandole tassativamente di far sparire ogni prova della propria esistenza, come abbiamo sentito dalla testimonianza di Merno, arrivando a sacrificare la persona stessa. Ecco la differenza con il nostro biochip, Newbe Rifkir…”, Anix lo guardò intensamente “…un sistema concepito per essere funzionale a se stesso, invece che al servizio delle persone. Era il 2030 e il chiarimento di questo episodio scatenò l’inizio della Seconda Guerra Fredda, periodo che noi chiamiamo il primo Quartostorico”