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“I suoi prati erano verdi, ed il cielo blu, ed ovunque ti giravi spuntava una qualche creatura: dai mammiferi più comuni agli insetti più disparati, esseri che ora possiamo ammirare solo nelle pagine di un’enciclopedia multimediale che ad un ignaro non nativo potrebbe apparire come la raccolta delle fantasie sfrenate di una vecchia mitologia non ben definita. Se si aveva un occhio attento era possibile imbattersi in qualcosa nemmeno elencato fra le sue pagine, e per quanto assurde queste creature possano apparire ora, esse sono state parte dell’universo per decine di migliaia di secoli”, lesse l’uomo al bambino, girato da un po’ verso il grande finestrone che dava vista ad un panorama per lui del tutto naturale, diverso da quello descritto dal padre, ma che per diritto rientrava nel suo soggettivo elenco della normalità. Il paragrafo era attinto direttamente da “La madre Terra”, un testo didattico con cui il bimbo avrebbe dovuto confrontarsi a breve, divenuto obbligatorio già da qualche anno nel programma educazionale dei nuovi nati, sebbene fosse ancora dichiaratamente in fase di sviluppo.
“Come faceva il cielo ad essere blu?”, chiese perplesso il bambino.
“Ed i prati erano verdi”, ribadì l’uomo, suscitando maggiore incredulità nel bimbo, che rotolò sul letto in stato di confusione, portandosi le mani alla testa e successivamente agli occhi, ridendo mentre ripeteva a strascichi, quasi con difficoltà, le due frasi.
“Ma no!”, si ribellò poi “Il cielo è verde! E i prati sono blu!”, esclamò con sicurezza, sfoggiando un’espressione fin troppo acuta per la sua età, certo di essere scampato ad un tranello del padre.
“Già… qui è così”, disse l’uomo colto da un momentaneo raptus di nostalgia. Finì di abbottonarsi la sgargiante giacca della divisa, dove nel simbolo all’altezza del cuore vi erano chiaramente raffigurati due pianeti sovrapposti, il primo di un rosso acceso ed il secondo di un profondo verde mare, quest’ultimo tagliato nettamente a metà da un unico solco, mentre il primo ne presentava due paralleli, solamente molto meno marcati, che sembravano la biforcazione dell’altro. Poi con una mano si protese verso di lui, scoprendo lo spesso bracciale su cui vi era inciso il medesimo simbolo, e diede una sventagliata sulla testa del bambino, arruffando maggiormente i suoi capelli che, notò l’uomo, stavano progressivamente perdendo la loro tinta oro, per colorarsi pian piano di un più naturale castano chiaro “Hai ragione tu!”, disse “Ma credimi se ti dico che alla tua età vivevo in un pianeta dal cielo blu…”
Il bambino divenne serio, rifletté per un attimo per poi scoppiare di nuovo a ridere.
“Un giorno riuscirò a farti vedere quel cielo, Figlio delle stelle…”, commentò l’uomo uscendo dall’essenziale stanza, del tutto inadatta ad un bambino, sebbene gli infondesse una sorta di serenità, portandosi subito dopo il bracciale al viso.
“Fate rientrare tutte le pattuglie di supporto… il canale è sicuro?”, chiese con aria quasi austera.
“Stiamo facendo rimbalzare il segnale sul lato oscuro del pianeta, a spettro circoscritto… o possiedono una nuova tecnologia invisibile anche agli infrarossi o sono del tutto tagliati fuori”
“Bene, per ora facciamogli credere che abbiamo paura di loro, rimanete agli ordini di Mattew finché non arrivo, fra breve entrerò nel loro campo di ricezione, non contattatemi per nessun motivo”
“Certo comandante! Ai suoi ordini!”
“Per il Pianeta Madre!”, salutò il comandante.
“Per la nostra Terra!”, rispose il sottoufficiale.
“Che torni un giorno ad essere nuovamente nostra…”, commentò a comunicazione già chiusa, venendo sopraffatto dai ricordi, mentre inconsciamente soppesava il suo pesante bracciale.

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